«L’eminente figlia d’Israele e figlia fedele della Chiesa». Con queste parole Giovanni Paolo II, l’11 ottobre 1998, sintetizzava la luminosa figura di Edith Stein (1891-1942), che doveva poi annoverare tra le patrone d’Europa, accanto a Brigida di Svezia e a Caterina da Siena. Della santa martire carmelitana, allieva di Husserl e tra i protagonisti della cultura filosofica e teologica del secolo scorso, Francesco Salvarani ha delineato con cura
e partecipazione la vicenda biografica, mettendo in evidenza l’intensa relazione tra produzione filosofica ed esperienza di vita. Emerge il profilo di una donna forte, moderna e coraggiosa, ma, nello stesso tempo, ricchissima di umanità. Restano impresse nella memoria le pagine che ci restituiscono gli snodi del suo percorso: gli anni dell’infanzia, la dedizione come
crocerossina durante la Prima guerra mondiale, la passione
per la verità, gli studi filosofici dalla fenomenologia al pensiero di san Tommaso, la gioia purissima della conversione, l’entrata nel Carmelo, il dramma della prigionia fino al sacrificio,
insieme alla sorella Rose, nel lager di Auschwitz.
Nella Postfazione Angela Ales Bello, dell’Università Lateranense di Roma, sviluppa alcuni aspetti del profilo
intellettuale della santa, di cui la professoressa Ales Bello
è riconosciuta interprete internazionale.
Francesco Salvarani è nato a Pratissolo di Scandiano (Reggio Emilia) il 19 gennaio 1926. È stato ordinato sacerdote il 29 giugno del 1949 nella cattedrale di Reggio Emilia. Ha insegnato Lettere nel seminario di quella città dal 1952 al 1972, mentre dal 1972 al 2006 è stato docente di Filosofia presso l’Istituto diocesano di Scienze Religiose.
Ha dedicato vent’anni allo studio di Edith Stein. Questo è il suo primo libro.
Un'alterità costitutiva, essere una donna, un'alterità di appartenenza, essere ebree, è la traccia unificante di queste tre donne straordinarie che hanno segnato il percorso speculativo del secolo scorso. Un incrocio di tempi le pone di fronte al nazismo e all'orrore del male: su questo sfondo drammatico si innesta il loro discorso: per Hannah Arendt è la decostruzione di una filosofia separata dalla vita, dal legame sociale; per Simone Weil è l'inquieta e lirica ricerca di una trascendenza; per Edith Stein è la luminosa testimonianza della continuità originaria fra giudaismo e cattolicesimo. La loro opera è inscindibile dalla loro vita: il loro discorso si snoda nel simbolico del linguaggio, ma vibra della loro specificità femminile. È proprio al loro tratto di essere "altra" che Giuliana Kantzà fa riferimento; seguendo l'insegnamento di Jacques Lacan, individua la loro peculiarità di appartenenza sessuale: una donna è "non tutta" nel discorso, è, per struttura, contigua al godimento, aperta alle "vie del desiderio", pronta all'amore. Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein sono le voci alte di questa alterità femminile che conserva e trasmette l'irriducibile del desiderio: nella prima con la "natalità", "Puer nobis natus est", nella seconda con l'appassionata ricerca del bello, nella terza nella via della mistica. Voci che nella solitudine e nel silenzio dell'urlo contemporaneo fanno cenno alla donna, baluardo di un desiderio estraneo all'"avere".
John Steinbeck (1902-1968), Nobel per la Letteratura nel 1962, è stato uno straordinario testimone della storia degli Stati Uniti dal primo Dopoguerra al conflitto del Vietnam. Molte sue opere, da "Furore" alla "Valle dell'Eden", sono pilastri della letteratura del Novecento che hanno conosciuto indimenticabili trasposizioni cinematografiche. Questa biografia lo presenta nel contesto del suo tempo, ma con uno speciale zoom sul suo quotidiano, sui suoi sogni, ma anche sugli errori e le sofferenze della sua anima inquieta.